Viaggio nel sonno visto nei secoli dai grandi artisti. Come un’esigenza fisica naturale può diventare fonte di allegorie e significati filosofici e artistici.
Dormire.
Come ben sappiamo, il dormire è un’attività necessaria al vivere bene, e un buon sonno dovrebbe coinvolgere almeno un terzo delle ore giornaliere di ogni persona.
Un’operazione così preponderante nella quotidianità dell’essere umano non poteva non essere studiata sia dalla scienza che dagli artisti.
E se per la scienza il sonno ha ancora degli interrogativi irrisolti, per l’arte è invece fonte di ispirazione da sempre, foriero di molteplici significati allegorici.
Come non pensare, ad esempio, al sonno applicato a concetti umanistici e politici?
Sin dall’antichità ci viene proposto il concetto di sonno, anche se spesso in chiave negativa. Come dimenticare, ad esempio, la stoica Arianna che, nei miti greci, ideò un modo che permettesse a Teseo di salvarsi dal labirinto del Minotauro ma che venne fatta addormentare dallo stesso, una volta finito il viaggio che li portava a Nasso, in modo da abbandonarla e ritornare per mare? Solo una volta svegliata dal sonno indotto potè vedere il suo amato mentre prendeva il largo, lasciandola sola e disperata.
Una storia struggente, dipinta e scolpita da vari artisti fin dalle epoche classiche ellenistiche passando infine per i dipinti De Chirico, circondata da architetture metafisiche.
Un’altra figura classica rappresentata spesso dormiente è Venere, dea che non abbisogna di presentazioni. Le rappresentazioni dell’effige della bellezza sono per lo più create nel Rinascimento, con opere che rappresentano capisaldi dell’arte come quelle del Giorgione, del Tiziano e di Poussin.
Usata per lo più come rappresentazione dinamica del sonno, senza particolari allegorie, è meraviglioso notare la plasticità e la veridicità delle Veneri di questi ed altri grandi artisti.
Con il passare del tempo il sonno nell’arte perde gran parte della sua concezione plastica e diventa, invece, metafora dei tempi e delle paure.
Facile intuire questo ragionamento nell’opera del Goya dove il sonno, in questo caso della ragione, porta incubi e disastri. Stesso ragionamento vive nell’opera di Füssli dove il sonno è fucina dei peggiori incubi.
Come è facile notare, comunque, il sonno nell’arte è spesso visto come una questione di sesso. Difficile trovare rappresentazioni artistiche di uomini dormienti e, quando ci sono, spesso rappresentano persone riprovevoli o dalla sessualità ambigua oppure uomini in preda a qualche grave pericolo che ne mina la stessa esistenza, quasi a voler intendere che il sonno sia un’attività relegata ai deboli o che rende indifesi e, perciò, non degna dei grandi eroi.
Solo nei tempi moderni il sonno assurge a caratteristica che accomuna tutti. Terribilmente intense e tormentose, ad esempio, sono le immagini che rappresentano il sonno degli sfollati nei tunnel della metropolitana di Londra durante la seconda guerra mondiale, ritratte con maestria da Henry Moore.
Importante, infine, rilevare come anche nella letteratura il sonno sia stato nel tempo rivalutato e, sopratutto dalla fine del diciannovesimo secolo, reso protagonista di varie opere a sfondo psicologico e narrativo. Se nel primo ambito gran parte delle opere di autori come Freud e Jung analizzano a livello scientifico il sonno e cosa in esso accade, sopratutto nei sogni, e ci che essi rappresentano, nell’ambito narrativo è da citare necessariamente l’opera magna di Proust, “Alla ricerca del tempo perduto”, dove l’autore – in un romanzo probabilmente autobiografico che parte dall’infanzia e che tratta della ricerca di sé stesso – sfrutta l’argomento del sonno e delle notti spesso come base di partenza per le sue riflessioni che lo portano a valutare le varie fasi della sua vita.
Come si evince da questo articolo, quindi, il sonno nell’arte è sempre stato protagonista, prima come rappresentazione fisica del dormiente e, col passare del tempo, come fonte di analisi introspettiva dell’essere umano e della società nel quale vive.