Un libro difficile, lungo, affetto da tecnicismi sulla caccia, navigazione, affermazioni filosofiche e divagazioni scientifiche.
La potenza del libro è racchiusa nella capacità evocativa dell’eterna storia tra l’uomo e il male, tra il capitano Achab e la gigantesca balena bianca Moby Dick che abita il mare, la mente, il corpo.
Bellezza e terrore per accompagnare le serate a letto, sotto la copertina di lana.
RECENSIONE
Per descrivere la vita umana non esiste metafora più potente e completa di quella del viaggio attraverso il mare. Un libro necessario e terrificante, a tratti sfuggente. La balena bianca, una creatura immensa che distrugge navi e riempie di sgomento, incute la paura più folle. Moby Dick non ha forma, è ovunque, è qualsiasi cosa. È un enigma.
Ismaele è un giovane ragazzo che decide di lasciare il mondo per partire per mare su una baleniera. Incontra un selvaggio ramponiere con cui fa amicizia e si imbarcano sulla stessa nave, la “Pequod”. Dopo giorni di viaggio, conoscono tutto l’equipaggio compreso il capitano Achab, mutilato di una gamba, che porta alla luce il vero scopo della spedizione: la vendetta contro la grande balena bianca Moby Dick, che tempo addietro gli aveva portato via la gamba.
Un finale tragico, trascinato nei flutti bui dal cetaceo che non lascia scampo.
“Non sei tu che leggi Moby Dick, è Moby Dick che legge dentro di te”
È la profezia infernale che ci lascia il suo inventore Herman Melville.